Now it’s time to leave the capsule if you dare…

David-Bowie-Wallpapers_1

Non sono riuscita a scrivere una riga da quando stamattina, ho sentito la notizia alla radio. David Bowie morto.
Non riuscivo a crederci. Neanche due giorni fa l’avevo definito immortale, sicura che avesse un quadro in soffitta che invecchiasse per lui, mentre lui continuava a reinventarsi, pieno di vitalità, trasformandosi sempre in qualcosa di nuovo.

Poi un fiume di immagini e canzoni ha inondato ovunque la rete. Guardavo incredula, chiedendomi quale meglio potesse rappresentare anche il mio personale omaggio al Duca-Ziggy-venuto dallo spazio. E mi sono ammutolita – quando tutti strillano mi tappo le orecchie e mi ritiro, non riesco a farmi sentire nella folla, meglio aspettare che passi l’onda.

Tristezza profonda. Lo ammetto, ho pianto, ma si sa che sono di lacrima facile, piango pure davanti a una puntata dei Simpson se c’è il momento commozione.
Lo so, è puerile, mica era un amico mio, mica lo conoscevo, in fondo che mi cambia nella vita?

Infatti non mi cambia niente, perché la vita va avanti, sempre e comunque, e nonostante tutte le perdite, dalle più lontane come quelle di un cantante che si è amato molto, a quelle più vicine, così vicine che ti scorticano lasciandoti addosso cicatrici indelebili. E capisco che se piango, è per qualcos’altro. Qualcosa che ogni tanto torna in primo piano, mi dà una punzecchiata prolungata al cuore, e se ne rivà sullo sfondo, lasciandomi tornare alla vita di tutti i giorni. 

Poi ho pensato che per me David Bowie lo è, immortale, per tutti i ricordi che sono legati alla sua musica che ha segnato la mia adolescenza, un’originalità dirompente con la quale ho scoperto il senso della parola ‘anticonformista’, e ho trovato un briciolo di coraggio per cominciare a scoprire me stessa, perché ‘we can be heroes, just for one day’ lo diceva anche a me. Canzoni legate a momenti stampati a caldo nella memoria. I primi baci dati sulle note di Life on mars (e chi se la dimentica quella teeira dietro via degli zingari, luci soffuse, io con un improbabile maglioncino blu elettrico e una giacchina di raso comprata a Porta Portese; lui con una faccia da bravo ragazzo, che aveva ‘smesso’ la cresta da poco);  il desiderio di viaggiare per andare a Berlino a vedere lo zoo di Christiana F e cantare a squarciagola TVC 15 e Station to Station, e la gioia di averlo almeno visto una volta dal vivo nell’indimenticabile Glass Spider Tour.

Così penso “Ciao David, non mi mancherai per niente, perché sarai sempre con me”.

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