Intreccio, intreccio, intreccio senza posa,
poi sciolgo, svolgo e ricomincio.
Come una novella Penelope romanesca,
nella fresca aria della sera estiva (è il mio Giardino-Custode che mi separa dall’afa del mondo intorno),
mi perdo in quel fare ripetitivo che, solo, mi calma.
Guardo i fili che si uniscono in una catena infinita,
sale su, fino al limitare della tenda
che ci ripara dagli sguardi indiscreti dei vicini non vicini.
Come un legame labile e silenzioso tra i nostri mondi paralleli
guardo la treccia speranzosa immaginando che mi porti da te.
Il filo sale, la treccia si allunga, il pensiero si perde, si blocca si annulla.
Ecco, ecco un po’ di pace,
mi sfiora le spalle mi abbassa il respiro.
Ma è solo un attimo poi si perde di nuovo.
Intreccio intreccio e poi sciolgo,
e come Penelope aspetto un ritorno
sapendo già che rimarrò delusa
sola per sempre nella tristezza chiusa.