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Sono passati venti giorni da quel 6 luglio che ha cambiato per sempre la mia vita. Tutto è successo così velocemente e inaspettatamente che non sono stata in grado di capire cosa succedeva, cosa stavo provando, come vivere emozioni così forti che non le puoi controllare. Ancora non lo ho capito, ma provo a lasciare che il dolore si manifesti con le sue ondate senza fare nulla per fermarlo. Lo schiaffo dell’onda è più forte se cerchi di porre resistenza, così mi abbandono nel mare e seguo il movimento della corrente. Non posso fare altrimenti. In questi giorni ho sentito spesso il bisogno di scrivere quello che provo, ma lo ho fatto sulla carta, con la mia scrittura incomprensibile. Visto che una delle mie più grandi paure è quella di dimenticare e di dimenticarla,  questo è quello che ho scritto.

(14 luglio)

Il vuoto è ovunque. Apro la porta sul giardino, guardo la bouganville, penso a lei.

Lei che amava stare in giardino, ma che non ci veniva tanto spesso.

L’ultima volta, circa due mesi fa, seduta su una poltroncina di plastica, guardava le piante rigogliose come se fosse l’ultima volta. Io guardavo lei come se fosse l’ultima.

Quella volta, ancora, ero ignara della fine vicina.

Il vuoto è ovunque perché è dentro di me.

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(15 luglio)

Questo secondo mercoledì senza mamma stava passando tranquillo fino quando, mettendo ordine tra le sue cose, in quel caos inesploso che è la sua camera, ho trovato uno dei suoi vestitoni estivi, di quelli che quando se li metteva pensavo “non sono niente di che: perché si veste così?”. Oggi mi è sembrato meraviglioso. D’improvviso tutta la sua essenza è racchiusa in un abito che consideravo ridicolo e ora lo stringo al petto  e lo annuso ricordando quanto invece dolce, buffa e carina fosse col suo stile strambo, naif. Mamma dove sei? Come posso fare per stare ancora una volta un po’ con te?

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(16 luglio)

Turchese, arancio, verde lilla fucsia. Tutti i colori che indosso non bastano a mascherare il colore interno. Nero lutto. Si addice a me.

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Ora comincia il “dopo”. Sarà tutto dopo quella data. Sarà “quando lei non c’era già più”.

Ho sempre saputo che anch’io avrei vissuto il dopo, ma speravo che non arrivasse per davvero.

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(17 luglio)

Come si fa a dire “mia madre è morta”?

Se ne è andata, ci ha lasciati, è passata a miglior vita, è uscita di scena. Tutti modi per dire che non c’è più, che non tornerà più che non la rivedrò mai più. Ma non siamo immortali? non siamo immortali?

Io credevo di sì, credevo al per sempre, e questa coltellata di realtà non duratura mi sgretola tutta.

Non siamo immortali. Non siamo immortali.

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E cominci a essere cattiva.  A pensare che la morte, se è poi così reale, così terrena, dovrà rispettare una tabella di marcia, precisa, temporale.

Perché persone più anziane di lei ci sono ancora? Non era ancora il suo turno, non era ancora ora.

Cattiva. Li guardi e pensi “perché tu sei vivo e lei è morta”?

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Mamma, tutto quello che sono lo devo a te. Mi hai plasmato a tua immagine e ora ti porto con me, per sempre, per il mio sempre.

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Ma con che occhi ti guardavo?

Occhi accecati dal dolore.

Il mio mondo così difficile con te.

Il mondo così immensamente triste senza di te.


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Mamma, se ti lascio un bigliettino scritto sotto il mio cuscino

una di queste notti verrai a prenderlo?

Se passerai di qua, ti prego,

dammi ancora un’ultima carezza.

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Mamma sei preoccupata per il mio futuro?

Non preoccuparti, cercherò di non ridere mostrando le gengive.

Dormi serena, e se puoi sogna di me.

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(20 luglio)

Prima giornata di mare senza di te.

Le onde brillavano per il luccichio del sole, il venticello fresco contrastava la calura estiva, rumori di giochi e chiacchiere lontane.

Una giornata perfetta. Non fosse stato per quel luccichio increspato che mi ha annacquato gli occhi in rivoli di sale.

Questo non è il tuo mare, è il mio mare. Quando rivedrò il tuo non credo che resisterò al dolore. Anche oggi non è che abbia tutta questa gran resistenza. L'”inconscio mare calmo” non è mai stato così mosso.

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(24 luglio)

Tic… tac… tic, tac, tic, tac…

tictictictic, tactactactac… tuctucutucutucu…

Sono i ticchettii degli orologi, uno veloce uno lento, uno fa un suono sordo, uno più acuto

un cucù da lontano saluta, una cipolla da tasca risponde

e continuo a camminare, avvicinandomi ora a l’uno, allontanandomi dall’altro

nell’infinito e labirintico corridoio della bottega dell’orologiaio che tutta governa.

Come sono meccanici e regolari i ticchettii, eppure ognuno con un ritmo proprio, ognuno con una sua suoneria

sembrano battiti di cuore

ognuno con la sua melodia.

Il tuo all’improvviso si è fermato

in un calda mattina di luglio.

A nulla è valso il tentativo dell’orologiaio di ridargli la carica manualmente. Hai deciso che il tuo ticchettio finiva lì.

Forse dietro lo specchio di questo tempo

c’è un non-luogo in cui tutto continua a ticchettare

Alice è seduta a prendere il tè col Cappellaio Matto

e alla sua tavola c’è una nuova ospite

che legge un libro giallo lavorando a maglia e assaporando una tazza di tè.

Per sempre.


6 commenti

  1. Stavo per andarmene a letto, [dopo aver insultato Fender per le sue foto, aver cenato e chiacchierato con CdN, aver trascorso la maggior parte della giornata a casa dei miei, mettendo a posto la casa dopo la festa di ieri, chiacchierando con mio fratello che annaffiava le piante, prendendomi gli abbracci e i sorrisi della piccola che sgambettava felice in mutande], ma mi sono affacciata qui.

    E come ti dico adesso che mi hai fatto piangere dalla prima riga all’ultima e scrivo con la vista annebbiata? Come dirti che nell’immenso dolore che provi si legge e si sente tutta la tua bellezza? Io questa bellezza l’ho scoperta insieme ai colori che mi hai fatto ritrovare e continuo a sentirla quando mi chiami con il mio nome per esteso, quando ti accorgi che muoio di paura e parto per la tangente…

    Oggi ho gironzolato a casa dei miei genitori, tra gli oggetti con cui ho vissuto 3/4 della mia vita, ritrovando le stesse cose cambiate di posto e cose nuove che non conoscevo. Strana sensazione ritrovarmi lì da sola, senza di loro. Con mio fratello che scherzava con me e mi dava una mano a fare ciò che per lui è quotidianità. Per la prima volta ho pensato che non sarebbe stato male, un domani, vivere lì, con lui al piano di sopra. E ho sentito che anche lui provava lo stesso affetto, anzi per la prima volta me lo dimostrava senza muri e chiusure.

    E allora ho pensato a quanto anche lui ha sofferto e a quanto, un domani, ci ritroveremmo vicini quando mamma e papà non ci saranno più.

    Così, se io Claudio siamo fratelli separati alla nascita per affinità, voglio e mi sento tua sorella per scelta. Perché, anche se come ti ho detto, il dolore rimarrà, voglio dividerlo con te e dirti che se sei figlia unica per nascita, hai acquistato una sorella di diritto.

    Le parole che hai scritto racchiudono tutto ciò che era e rappresentava tua madre per te. E se lei scriveva poesie e sceneggiature, tu hai messo insieme alla poesia delle parole la verità dei tuoi sentimenti, senza rigidità e con la fluidità di chi ha il coraggio di lasciare andare il proprio ‘mare calmo’, anche quando è mosso.

    E immaginando Lisa alla tavola del Cappellaio Matto, penso che lei sorrida dietro alla sua tazza di Té, con la certezza di aver lasciato la sua eredità in mani migliori delle sue, compiacendosi di tutti i libri letti e recitati alla sua bambina, così diversa da lei, così simile a lei.

    E ora me ne vado a letto, che non riesco a smettere di piangere e domani avrò gli occhi gonfi. Ti voglio tanto bene.

  2. Potrei fare il paraculo come al solito e raccontarti il seguito della storia ambientata “dall’altra parte”, oppure mettermi il naso rosso e cercare di lenire almeno temporaneamente il dolore sparando qualche cazzata, ma non avrebbe senso perché so bene quello che provi.
    Sento solo di dirti una cosa, ovvero che oltre a lasciarti andare al dolore e farti possedere quando arriva, non osteggiare tutte le sensazioni e le altre emozioni di cui hai scritto. Sii cattiva, svogliata e lassista, incazzata, triste e disperata, marcia o insensibile, tira fuori tutto. La cosa importante è che non ci siano rancore e rimorso, e so per certo che tra voi due nella è rimasto in sospeso o di irrisolto.
    Ho troppo rispetto per te per citare la proprietà transitiva della fratellanza, ma sai di poter sempre contare sulla mia presenza.
    Ti ringrazio di aver postato quanto avevi scritto.

  3. talvolta penso che il dolore sia indispensabile affinchè ci possano continuare a sentire, loro, attraverso i nostri sensi… e così non mi spaventa più e mi lascio travolgere senza opporre resistenza, così come ho lasciato scorrere le lacrime leggendoti, ora.
    lacrime pesanti ma che si fanno senza peso, che mi avvicinano un poco a te, a voi, al mio papà e alla mia nonna. quando poi la testa è pesante e il sale arriva alle labbra ricomincio per contrasto a cogliere nuovamente la dolcezza dello stordimento e percepisco che se non tutto può essere compreso almeno va sentito fino in fondo.
    Roberta

  4. @Vicky @Claudio
    Vi ho letto già da un po’, ma non riuscivo a rispondervi. Se piango non vedo i tasti su cui battere e allora aspetto che si faccia chiarore.
    Ora sono seduta in giardino e c’è ancora luce, quindi ci provo. Provo a dirvi quanto sia stata e continui ad essere importante la vostra presenza accanto a me in questi giorni. Da ragazzina soffrivo tanto del fatto di essere figlia unica e da grande ho capito che la vera sofferenza non stava nel fatto di non avere compagnia nei giochi di bambina, ma sarebbe stata il trovarmi da sola, in un futuro appena ipotizzato, ad affrontare la perdita dei miei genitori. Grazie per essere, nei fatti, i miei fratelli di vita e di non lasciarmi sola.

    @Roberta
    Incredibile come una frase banale come “chi non ci è passato non lo può capire” assuma una forza inaudita quando ti colpisce in faccia senza nemmeno un piccolo preavviso. Incredibile che il Dolore possa essere un modo altrettanto forte dell’amore per sentirsi vicini alle persone, anche quelle che non si conoscono tanto bene, ma che all’improvviso senti più vicine. Grazie per aver condiviso le tue emozioni con me.
    Daria

  5. Rimane solo il bene, e il tormento è dato dalla dolcezza dei ricordi. Siamo in grado di farcene carico di questo tormento e anzi, diventa familiare, amico, rassicurante. Non ho intenzione di rinunciare al suono squillante della risata di Lisa, al modo in cui scuoteva la testa, a quella prima indimenticabile immagine legata a un’insipida torta allo jogurt, senza zucchero, o al modo in cui il suo sguardo ti teneva; lei e tuo padre, che sono stati casa per me, per tanti anni. Mi hanno fatto crescere più loro di chiunque altro abbia mai incontrato, senza fare apparentemente nulla. Amici e basta. Discreti, attenti, ho sempre saputo che ogni incertezza, ogni paura si sarebbe sciolta nel calore di un rapporto che passava attraverso le parole, il cibo, la condivisione di passioni e interessi comuni.
    Sei testimone e custode di una vita intera, Daria, di un’esperienza di vita che è anche la tua. E stai pur tranquilla che tutte le volte che avrai bisogno di carezze e di parole le troverai nel tuo passato, pronte e valide sempre, utili sempre, sempre consolanti.
    Ti abbraccio, e ti bacio.
    A sabato
    A.

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